Fare un riassunto della Milan Fashion Week appena conclusa è possibile facendo una scelta, parlare solo di cosa ricorderemo di questa edizione.
Ciò che è apparso chiaro è stata la multi nazionalità dei designers, delle modelle e dei buyers sempre più con gli occhi a mandorla, sempre più orientali.
Che cosa ricorderemo della Milano Fashion Week?
La rivoluzione dello show che si fa portavoce di messaggi per l’uomo più o meno espliciti.
Ecco cosa è successo nella sfilata di GUCCI
Gucci ha lasciato su ogni sedia un messaggio, in cui si leggeva “Nuove forme di soggettivazione”.
La sfilata inizia facendo partire un tapis roulant su cui modelle, vestite con camicioni che ricordavano le camicie di forza usate nei manicomi, venivano trasportate come in trans, robotizzate, ipnotizzate.
Il pubblico si interroga, cerca di capire, borbotta.
Salta la luce, sono tutti al buio
Lo show ha inizio.
Luce a giorno, modelle con in mano frustini, scritte applicate sulle schiene Gucci Orgasmique, lattice, nudo e sexy love.
Perché tutto questo?
“La moda come perversione, lo show come orgasmo!” risponde Alessandro Michele, direttore creativo della maison.
A me sembra più lo specchio di quella parte di società che vuole ribellarsi all’invisibilità subita da un regime legittimato a imporre sugli altri il proprio dominio, una protesta portata all’estremo di non facile comprensione.
Anche durante una sfilata, non tutti sono d’accordo
Di sicuro non lo è stata la modella Ayesha Tan Jones che durante la passerella solleva i palmi delle mani mostrando una scritta: “Mental health is not fashion”– La salute mentale non è moda.
A protestare è una modella in passerella. Ecco cosa scrive sul suo profilo Instagram:
“Come artista e modella che ha vissuto sulla propria pelle la battaglia con la salute mentale, così come successo a familiari e amici che hanno sofferto di depressione, ansia, bipolarismo e schizofrenia, è doloroso e insensibile per una grande casa di moda come Gucci usare questa immagine come concetto superficiale per un momento fashion…
…È di cattivo gusto per Gucci usare l’immagine delle camicie di forza e outfit che alludono ai pazienti psichiatrici mentre sono immobili su nastri trasportatori come fossero pezzi di carne da macello.
Mostrare queste malattie come oggetti di scena per vendere i vestiti nel sistema capitalista di oggi è volgare, banale e offensivo per quei milioni di persone nel mondo afflitte da questi problemi”.
Qual è stata la risposta di Gucci?
“Questi capi erano funzionali allo show e non saranno venduti. Alessandro Michele ha disegnato questi abiti dallo stile anonimo per mostrare come attraverso la moda sia esercitato il potere sulla vita per eliminare l’espressione personale. Questo potere impone norme sociali classificando e limitando l’identità”
Passiamo alla sfilata di Versace alla Milan Fashion Week
Donatella a fine sfilata chiede all’assistente di Google di trovare il celebre vestito jungle indossato da Jennifer Lopez 20 anni prima ai Grammy.
Sulle pareti appaiono gli scatti di quello che fu per tutti una rivoluzione di Google.
Se abbiamo l’applicazione “immagini” lo dobbiamo proprio a quelle foto ricercate in Google da milioni di persone nel mondo.
Google decise allora di inserire l’applicazione “Immagini”, quelle che noi oggi utilizziamo senza pensarci.
La vera sorpresa fa restare tutti a bocca aperta: Donatella chiede allora di mostrare il VERO JUNGLE DRESS ed è subito spettacolo.
Jennifer Lopez esce con il suo abito verde smeraldo di chiffon a stampa jungle e manda in visibilio il pubblico.
La moda che si intreccia con la storia, un episodio epocale che ha cambiato le nostre abitudini per sempre.
Un altro momento che ricorderemo di questa Milan Fashion Week 2019
Il direttore creativo di Marni, Francesco Risso, ha messo in scena una protesta contro gli sprechi e gli eccessi del boom dell’industria della moda.
Il set e i suoi abiti erano tutti prodotti da materiale riciclato.
Alla sfilata, gli spettatori sedevano su panche di cartone riciclato, adornate di foglie di plastica riciclata e dipinte con pittura ecologica.
Gli abiti sono stati creati con giacenze di pelle, tessuti di cotone non trattato, gonne create all’uncinetto e in omaggio al Brasile e alla foresta Amazzonica in fiamme, i modelli erano dipinti con colori accesi come quelli dei pappagalli: fucsia, arancione, cobalto.
Lo spirito allegro del Brasile come attacco post-industriale alla sovrapproduzione della moda e l’eccessivo consumismo.
Modelle in ciabatte e teste imbrattate di argilla.
Marni ha voluto evocare la crisi climatica non solo con la collezione, ma anche con le acconciature delle modelle.
Le loro teste ricoperte di argilla, su cui fiorivano fiori o foglie vere, sono un messaggio ispirato all’idea di umanità di base.
Questa volta l’allarme è per l’ambiente e Marni ne ha fatto il suo cavallo di battaglia in passerella.
Messaggi di presa di coscienza
Sembra ci sia una nuova presa di coscienza da parte dei grandi nomi della moda, a significare che un cambiamento è possibile e che l’eccesso inizia a stare stretto proprio a chi di eccesso ha vissuto fino ad oggi.
Fashion in the city
Nell’ultimo week end della settimana della moda a Milano si sono concentrati i migliori eventi fashion, noi di Chic Advisor siamo state al “Fashion in the City”, tenutosi nella splendida location di Palazzo Barozzi.
Gli stilisti di B&20 Events
Paolo Distaso, patron dell’agenzia B&20 Events organizzatrice dell’evento, ha voluto in passerella sei stilisti, alcuni di loro già noti al grande pubblico come Danilo Forestieri e Antonio Tarantino, le pelli borchiate di Oshun, altri come l’emergente brand filippino MM Milano e la bulgara Neli Anastanova, per finire con Mitch Desunia London.
Chi c’era a sfilare per Fashion in the City
In passerella due diamanti della “Benegas Management”: Maylin Aguirre e “Madre Natura” Sara Croce. Maria Elena Monego fondatrice di Social District con la quale B&20 Events collabora da tempo.
Nome degno di nota è Alessia Schepis, official Pr della B&20 Events, manager del settore luxury nota a livello internazionale per aver portato al successo molti brand nazionali all’estero.
Intervista a Patrizia Gaeta
Ho chiesto a Patrizia Gaeta, fedele collaboratrice di Paolo e fashion manager dell’agenzia, che cosa l’ha colpita di questa edizione MFW20.
“Sicuramente la Fashion Week 2020 è stata caratterizzata da linee molto più pulite, lo stile rispetto agli altri anni ha subito questa lieve flessione, la non ostentazione del lusso, anche il mood scelto per la FW, l’eco-sostenibilità, vuole raccontare questa nuova vision del luxury.
La scelta dei vostri stilisti ha portato una certa internazionalità all’evento.
“Per quanto riguarda i nostri stilisti, gli italiani sicuramente hanno proposto delle collezioni frutto di ricerca e sperimentazione, pur mantenendo saldi alcuni canoni che fanno parte della nostra cultura della moda.
Abbiamo visto in passerella outfit con un gusto assolutamente internazionale, ma con la ricercatezza e la manifattura pura del made in Italy, patrimonio riconosciuto nel mondo.
Abbiamo visto più culture espresse attraverso le collezioni, un modo per conoscere i costumi di altri paesi
I nostri designers internazionali sono stati molto bravi nel proporre le loro collezioni raccontando così del proprio paese. Pertanto al termine di questa edizione possiamo dire di aver fatto uno splendido viaggio nel lusso passando per paesi e culture molto diverse, ma con un solo denominatore, la determinazione di portare in passerella il gusto e la classe.”
Cosa possiamo dire in conclusione?
Passerelle di informazioni, proteste gentili e messaggi espliciti, questa settimana della moda ha dimostrato, ancora una volta, che l’eccellenza italiana ha sempre qualcosa da dire anche se tutto si è consumato sui social nel tempo di un clic.
Stefania Zilio